PROGETTO
Gli scenari rituali della migrazione
Nel contesto dell'Italia meridionale
Il progetto indaga gli scenari rituali della migrazione in contesti urbani dell’Italia meridionale o che da tali contesti si diramano, per comprendere se e come i processi di ritualizzazione innescati dalle migrazioni producano forme incorporate di socialità. Fino a che punto le pratiche rituali contribuiscono a definire una migliore integrazione tra gruppi ospitanti e gruppi migranti? In quali scenari si determinano situazioni di polarizzazione socio-politica e di radicamento identitario? Attraverso ricerche sul campo e una comparazione antropologicamente orientata, si cercherà di comprendere all’interno di quali contingenze storiche, di quali conformazioni dello spazio pubblico, di quali politiche sociali e di quali economie morali i rituali della migrazione prendano forma. Saranno quindi indagati spazi pubblici plasmati da forme “tradizionali” di ritualità religiosa collettiva che costituiscono l’ambiente cerimoniale in relazione al quale i gruppi migranti di più antico insediamento cercano di dare forma a una qualche “presenza”; processi di ritualizzazione che emergono in risposta alla condizione migrante o anche che di questa presenza migranti sono diretta espressione; forme di ritualizzazione istituzionale messe in atto dalle strutture “emergenziali” dell'”accoglienza”.
Lo studio delle connessioni tra religione e migrazione rappresenta un ambito consolidato nella ricerca socio-antropologica. L’attenzione però è stata rivolta soprattutto all’analisi delle dimensioni pubbliche dell’appartenenza religiosa nello spazio migratorio, mentre le dimensioni più intime, incorporate, delle pratiche ritualistiche e devozionali nella migrazione sono state tendenzialmente trascurate. Posizionandosi in contesti etnografici come la Sicilia e la Basilicata, in cui la religiosità popolare e le pratiche devozionali si iscrivono in una lunga tradizione di controverso rapporto con lo stato-nazione e le istituzioni religiose, il progetto ambisce a comprendere come i rituali che emergono nella migrazione contribuiscono a plasmare le linee della subalternità sociale e dell’agency individuale e pubblica nell’Italia meridionale, e anche in che modo le forme di contesa/conflittualità cerimoniale che vedono coinvolti i migranti condizionino la sfera politica-religiosa nei contesti indagati.
4 UNITÀ DI RICERCA
MESSINA, PALERMO, CATANIA MATERA
Il progetto si compone di quattro unità di ricerca – Messina, Palermo e Catania in Sicilia, Matera in Basilicata – che esploreranno i rituali della migrazione in tre direzioni: spazi pubblici fortemente plasmati/saturati dalle manifestazioni di ritualità religiosa collettiva (spesso inseriti negli scenari nazionali e globali delle contemporaneità) che costituiscono l’ambiente cerimoniale in relazione al quale i gruppi migranti con una storia di più lungo insediamento cercano di trovare una qualche possibilità di “presenza”, ma anche – per questo – arene di contesa/conflittualità cerimoniale per il controllo della sfera politico-religiosa dei contesti indagati; fenomeni/processi di ritualizzazione che invece emergono in risposta alla specifica condizione migrante o anche che della presenza dei migranti sono diretta e immediata espressione, non avendo una connessione evidente con l'”ecologia cultuale” locale; forme di ritualizzazione istituzionale messe in atto dalle strutture “emergenziali” e “liminali” della cosiddetta accoglienza allo scopo di far fronte all’arrivo nei porti, nei diversi centri e nelle comunità siciliane e meridionali di masse di donne, bambini e uomini in fuga.
Lo studio intensivo sul campo, nei diversi contesti e alle diverse scale, permetterà di declinare diversamente le varie declinazioni del nesso rituale/migrazione, producendo una comparazione cross-culturale che finora non è mai stata tentata in forma sistematica nell’Italia meridionale. Per rispondere a questa sfida conoscitiva, oltre alla pur decisiva ricerca etnografica, si metteranno in campo da un lato competenze interdisciplinari (che all’antropologia affiancheranno prospettive storiografiche, geografiche, sociologiche, linguistiche), dall’altro “tecniche di elicitazione” sperimentali, applicate a materiali audio-visivi 3.0. L’originalità del metodo proposto troverà espressione in un dataset di artefatti fotografici, visuali e sonori che faciliteranno l’accesso all’esperienza sensoriale e corporea degli spazi/tempi ritualistici presi in esame. Se applicata a realtà come quelle dell’Italia meridionale, modellate da dinamiche rituali e cerimoniali dalle forti valenze giurisdizionali, l’attenzione combinata al nesso migrazioni/rituali, fruita attraverso questi strumenti elicitanti, può rappresentare un antidoto efficace alla banalizzazione mediatico/ideologica delle presenze migranti, e al sempre più marcato sviluppo di forme di xenofobia e (neo)razzismo. Il catalogo ragionato, sensoriale e multimediale troverà quindi ospitalità in un sito web del progetto e in una mostra/esibizione itinerante
Messina
Nello specifico, i componenti l’unità di Messina concentreranno la propria attenzione su tre linee di interesse. In primo luogo, in stretta connessione con alcuni degli obiettivi individuati da altre unità, si intende osservare e analizzare, attraverso la metodologia etnografica, i riti delle comunità dei braccianti agricoli migranti, di non recente e significativo radicamento nel contesto agricolo siciliano. Si cercherà, quindi, di indagare la presenza, o anche le ragioni dell’eventuale assenza, di individui o comunità migranti all’interno degli apparati della cerimonialità religiosa pubblica “tradizionale” della città di Napoli. Si cercherà, infine, di guardare, sempre attraverso un posizionamento etnografico e uno sguardo attento alla molteplicità dei punti di vista coinvolti (quello delle istituzioni e degli operatori, da un lato, e quello dei soggetti migranti, dall’altro), agli spazi e ai luoghi dell’immediata accoglienza di migranti come territori di applicazione/messa in atto di una ritualità istituzionale, ossia si proverà a considerare una simile riutilizzazione delle pratiche legate all’immediata “accoglienza” degli esseri umani appena sbarcati come uno specifico strumento di costruzione di spazi liminali e separati da quelli della quotidianità urbana.

Il Santuario della Madonna nera di Tindari

Decimo giorno di Canjee Poosai

Palermo, festa di Canjee Poosai.
Palermo
Al centro della ricerca dell’Unità di Palermo vi sarà l’analisi degli spazi-tempo delle pratiche religiose con cui alcune comunità migranti di non recente insediamento in città, si intrecciano nelle maglie dello spazio urbano e nelle diverse temporalità di Palermo. In particolare, la ricerca etnografica riguarderà le “comunità” tamil e mauriziana di religione indù e quella tamil di religione cattolica. La scelta è motivata dalla condivisione degli spazi di culto (riguardo alla gestione economica e alla loro manutenzione), anche se le cerimonie vengono celebrate separatamente e nella composizione dei gruppi di devoti prevale la formazione su base “etnica”. Le comunità migranti, tuttavia, sono presenti nello spazio pubblico del pellegrinaggio al santuario di Santa Rosalia, sia il 4 settembre, data canonica del pellegrinaggio, sia nella ascesa al Monte che i singoli fedeli fanno la domenica mattina, mescolati ai palermitani “autoctoni”. A questa pratica devozionale partecipano anche i tamil di religione cattolica che, invece, per la gestione ordinaria del culto, si sono ritagliati uno spazio di autonomia rispetto ad altri cattolici. Essi infatti hanno una propria chiesa di riferimento e un officiante in lingua tamil. Più in generale, ci si interrogherà su dove nella città i culti abbiano luogo; su cosa questa spazialità dica del modo di risiedere nella città; su quali siano i ritmi del culto, cosa “dicano” e come si inseriscano nei ritmi con cui i migranti vivono la città. Delle comunità migranti indicate, e di altre eventualmente individuate nel corso della ricerca, saranno ricostruiti i calendari festivi, le modalità di interazione dei fedeli nei luoghi di culto, nell’alternanza o compresenza di spazi pubblici e privati, nelle dinamiche di prossimità o distanza rispetto a cerimonie religiose radicate nel territorio (per es., la partecipazione al Festino, la festa di santa Rosalia, nell’occorrenza del 14 luglio e 15 luglio).
Catania
L’unità di ricerca di Catania lavora su due campi principali. Il primo terreno è rappresentato dalle comunità di origine srilankese di religione prevalentemente cattolica, ma anche induista e buddista, di cui si esaminano presenza e ruolo nelle città di Catania, in particolare nella festa patronale di Sant’Agata e nel pellegrinaggio alla Madonna di Tindari, senza sottovalutare opportunità di comparazione interprovinciale.
Obiettivo privilegiato della ricerca è la comprensione etnografica delle pratiche di home making realizzate dai migranti srilankesi attraverso l’addomesticamento dei culti legati alle figure femminili della devozione cattolica. Di pari importanza risulta poi indagare le connessioni transnazionali tra Sicilia e Sri Lanka, evidenti negli itinerari delle reliquie di Sant’Agata che legano Catania ai contesti di provenienza delle famiglie cingalesi – circolarità riscontrabile anche in altre espressioni della devozione mariana, come quella della Madonna di Tindari.

Il busto reliquiario di sant'Agata

Metapontino, preghiera in un capannone.

Bari, preghiera in moschea.
Matera
La seconda area territoriale di riferimento per la proposta progettuale è la Basilicata, interessata negli ultimi anni da una crescente presenza di migranti distribuiti con varie modalità di insediamento in tutto il territorio regionale, alla quale si è aggiunta l’area della città di Bari, in Puglia. L’unità di ricerca di Matera intende guardare ad alcune tipologie di rituale al fine di comprendere le forme attraverso le quali si manifestano molteplici e diversificate modalità di radicamento/sradicamento dei migranti e di connessione con le comunità ospitanti.
Due saranno quindi le linee principali intorno alle quali si svilupperà la ricerca: 1. Migranti e rituali islamici a Bari; 2. Migranti e rituali quotidiani (pubblici e privati) nel Metapontino.
La ricerca intende documentare le pratiche di home-making, che hanno luogo in contesti religiosi, ad esempio durante i momenti della preghiera islamica, oppure connesse alle dinamiche di territorializzazione, ma anche di natura laica, come nel caso di comportamenti rituali quotidiani individuabili negli spazi di vita, lavoro e socializzazione dei migranti.
All’interno dell’economia dell’intero progetto, l’unità di ricerca di Matera contribuirà a pensare, elaborare e mettere a punto l’esibizione/mostra relativa ai temi indagati, servendosi anche delle importanti competenze museografiche presenti al proprio interno.